Una sera in assemblea condominiale: il vicino chiede copia del bilancio, il portinaio alza gli occhi e qualcuno propone di non rinnovare l’incarico. È una scena che si ripete nei palazzi italiani, ma potrebbe cambiare volto. Con il deposito alla Camera del Disegno di Legge n. 2692, a prima firma dell’On. Elisabetta Gardini, il mestiere dell’amministratore sembra avviarsi verso una trasformazione netta. Quel che emerge dai commenti degli addetti ai lavori è una volontà esplicita di professionalizzare il settore e rendere più trasparente la gestione dei patrimoni comuni.
La proposta, presentata l’11 novembre 2025 e con testo ufficiale in arrivo nelle sedi parlamentari, mette al centro requisiti e controlli che fino ad ora erano gestiti a livello frammentato. Se il disegno di legge passasse senza modifiche, l’immagine dell’amministratore come figura improvvisata verrebbe sostituita da un modello più simile a quello di una professione regolamentata: laurea triennale richiesta, albo nazionale, revisione dei rendiconti. È un cambio di passo che porta con sé effetti concreti sui costi di gestione degli stabili e sulle modalità di nomina.
Un dettaglio che molti sottovalutano è la portata pratica della norma nelle realtà urbane: nelle città con molti stabili e proprietari la necessità di adeguamento sarà più visibile, sia in termini economici sia formativi. Chi oggi si occupa della contabilità condominiale per vicinato dovrà pensare a formazione o a passare il testimone a un professionista iscritto. Questo passaggio solleva interrogativi non solo su chi potrà accedere alla professione, ma anche su come cambierà il mercato dei servizi immobiliari.
Requisiti d’accesso: la laurea e il ruolo dell’amministratore interno
La norma proposta introduce l’obbligo di una laurea triennale in ambito giuridico, economico o gestionale per chiunque voglia esercitare la professione di amministratore di condominio. Si tratta di un punto di rottura rispetto al passato, perché la novità non si limita ai professionisti iscritti a partita IVA: viene infatti eliminata la deroga che permetteva ai condomini di amministrare il proprio stabile con requisiti semplificati. In pratica, anche il vicino di casa che fino ad ora poteva assumere l’incarico a costi contenuti dovrà possedere lo stesso titolo dei professionisti.

La misura contiene però una tutela per chi è già in carica: l’obbligo non sarebbe retroattivo, permettendo agli amministratori diplomati di portare avanti gli incarichi in essere. Al tempo stesso, l’innalzamento della soglia per i nuovi ingressi determina una selezione dei profili, con possibili concentrazioni di mercato e una domanda più marcata di figure qualificate. Chi vive in condomini con regolare turnazione lo nota spesso: la continuità di gestione diventa elemento cruciale per la tenuta dei servizi comuni.
Un aspetto che sfugge a molti riguarda l’impatto sulle piccole realtà: in paesi e borghi dove il ruolo veniva coperto dal vicino o da persone non laureate, la riforma impone scelte costose o nuovi modelli di servizio. Le associazioni di categoria e gli studi professionali dovranno adeguare i percorsi formativi e offrire soluzioni pratiche, perché il cambiamento non resti solo su carta ma si traduca in strumenti per garantire la regolarità amministrativa e la tutela dei condomini.
Controlli, bilanci e mandato: più trasparenza e responsabilità
Un altro nodo centrale della riforma è la creazione di un Albo nazionale degli amministratori presso il MIMIT, che renderebbe l’iscrizione condizione per esercitare. L’obiettivo è spezzare il modello frammentato e rendere disponibili agli utenti strumenti ufficiali per verificare le credenziali e i requisiti di onorabilità e formazione. Lo schema previsto da più fonti si orienta verso un controllo centralizzato che faciliti anche l’azione sanzionatoria quando necessario.
Per i condomini di dimensioni maggiori — la soglia discussa è sopra i 20 proprietari — la proposta introduce l’obbligo di nomina di un Revisore contabile certificato UNI e la necessità di depositare il rendiconto annuale, approvato e revisionato, presso la Camera di Commercio. Questo avvicina la gestione condominiale a modelli aziendali: maggiore tracciabilità, rafforzamento del Fondo Speciale per lavori straordinari e meno margini per contestazioni giudiziarie ripetute.
Un fenomeno che in molti notano solo in certe stagioni è la proliferazione di contenziosi sul rendiconto: la trasparenza proposta mira proprio a ridurre questi conflitti. Altro punto pratico riguarda la prorogatio: la riforma recepisce la necessità di eliminare l’obbligo di prestazione gratuita dell’amministratore scaduto che continua a operare in attesa del successore. Si parla di un mandato con durata definita e della retribuzione per l’attività esercitata nel periodo di transizione, chiudendo così un capitolo che ha generato incertezza nei tribunali.
L’effetto sulla filiera immobiliare sarà palpabile: maggiore professionalità e controlli comportano costi, ma offrono anche più tutela per i condòmini. Un dettaglio che molti sottovalutano è come queste norme possano stimolare nuovi servizi di consulenza e forme di aggregazione professionale, soprattutto nelle aree urbane dove la domanda di gestione qualificata è più elevata.
