Crollano i lavori agevolati del 22%, meno Iva e Irpef incassate: il Governo frena sulla stretta fiscale e prova a salvare l’edilizia
Tra gennaio e luglio 2025 le imprese edili hanno registrato un crollo del 22% nel fatturato legato a lavori agevolati, rispetto allo stesso periodo del 2024. Il dato emerge dalle ritenute d’acconto raccolte dallo Stato sui cosiddetti bonifici parlanti, usati per ottenere le detrazioni fiscali nel 730.
Meno lavori vuol dire meno entrate tributarie: meno Irpef, meno Iva e un rischio concreto di aumento della cassa integrazione per i dipendenti del settore. Il calo ha spinto l’esecutivo a rinviare almeno al 2027 la riduzione delle aliquote previste, che sarebbero scese al 36% per la prima casa e al 30% per le altre.
Il Governo ha scelto una linea prudente anche per evitare ulteriori contraccolpi su un comparto già in difficoltà. Le tensioni politiche però non mancano, soprattutto per il capitolo affitti brevi. La nuova versione della cedolare secca, che nella bozza di Legge di Bilancio salirebbe al 26% per tutti gli immobili affittati per meno di 30 giorni, ha aperto un confronto interno alla maggioranza.
La Lega punta a mantenere il 21%, altri partiti spingono per un compromesso al 23%. Intanto le nuove regole, se confermate, prevedono che l’aliquota al 21% resti applicabile solo se l’immobile non è stato mai affittato tramite piattaforme online, un’ipotesi difficile da verificare.
Chi ha diritto alla detrazione e quando scatta l’aliquota ridotta al 36%
Il bonus ristrutturazione al 50% resta in vigore ma non è per tutti. Serve avere la residenza nell’immobile e detenere un diritto reale: proprietà, nuda proprietà, usufrutto o diritto di abitazione. In caso contrario, l’agevolazione scende al 36%, come per chi sostiene lavori sull’abitazione del coniuge o di parenti conviventi.
Anche gli inquilini o comodataripossono beneficiare della detrazione, ma solo con il consenso del proprietario e sempre nella misura ridotta. Lo stesso vale per gli interventi fatti su case non ancora acquistate: se il contribuente ha firmato un compromesso registrato ed è entrato nell’immobile con il permesso del venditore, l’agevolazione è valida.

Le pertinenze come garage o cantine seguono la stessa aliquota dell’abitazione. Gli immobili non residenziali, invece, possono accedere solo al 36% e solo per lavori sulle parti comuni, a patto che la maggioranza delle unità (almeno 500,001 millesimi) sia residenziale. Fanno eccezione gli interventi con ecobonus o sisma bonus, validi anche per lavori all’interno degli immobili, anche se non residenziali, ma sempre con aliquota ridotta.
Le nuove regole per mutui e affitti brevi tra taglio Irpef e detrazioni a rischio
Chi accende un mutuo per ristrutturare casa può ancora ottenere la detrazione del 19% sugli interessi, con un tetto massimo di 2.582,25 euro, che equivale a un vantaggio fiscale di circa 490 euro l’anno. Il contratto va stipulato entro 6 mesi dall’inizio dei lavori o nei 18 mesi successivi, e l’immobile deve diventare prima casa entro sei mesi dalla fine del cantiere.
Da gennaio 2025, però, è in vigore la cosiddetta “tagliola Irpef”: chi ha un reddito imponibile superiore ai 75mila euro subisce una riduzione delle agevolazioni fiscali, incluse quelle per i mutui.
Per quanto riguarda gli affitti brevi, il disegno di legge prevede che dal 1° gennaio 2026 la cedolare secca salga al 26%, applicata a tutti gli immobili affittati per meno di 30 giorni consecutivi, fino a un massimo di 4. Per evitare l’aumento e mantenere l’aliquota del 21%, l’immobile non deve essere mai stato affittato tramite piattaforme digitali.
Una condizione che appare quasi irrealizzabile, considerando la diffusione dei portali online. Va ricordato che la cedolare è facoltativa: chi ha redditi bassi o molte spese da detrarre può optare per la tassazione Irpef, che in alcuni casi è più vantaggiosa.
Una manovra interlocutoria che lascia più dubbi che certezze
La Legge di Bilancio 2026, almeno nella sua forma attuale, non stravolge il sistema dei bonus edilizi ma lo rende più frammentato e meno prevedibile. Il rinvio del taglio delle aliquote è un segnale di prudenza, dettato da un contesto economico instabile e da un settore, quello delle costruzioni, che ha già mostrato segni di affaticamento. Allo stesso tempo, l’intervento sugli affitti brevi sembra più una misura fiscale d’urgenza che un vero piano di riforma del mercato locativo.
Il risultato è un impianto normativo che mantiene molti strumenti, ma introduce anche nuove soglie, vincoli e requisitiche rischiano di penalizzare chi non è ben informato o non ha margini di manovra. Gli effetti concreti si vedranno nei prossimi mesi, soprattutto nei territori dove il mercato immobiliare è meno dinamico.
Intanto, chi ristruttura, affitta o compra casa si trova davanti a un quadro complesso, dove ogni scelta deve essere valutata con attenzione. La sensazione diffusa è che servirebbe un intervento più organico, capace di semplificare invece che complicare. Ma, come spesso accade, la politica fiscale si muove in base agli equilibri di giornata. E i contribuenti, come sempre, inseguono.
