Un’operazione della Guardia di Finanza svela un giro da oltre mezzo milione di euro: copie illegali vendute come autentiche nei centri commerciali e sul web
Un’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Palermo ha smascherato un vasto traffico di peluche Labubu contraffatti, pupazzi divenuti oggetti da collezione e simbolo di uno dei trend pop più virali degli ultimi anni. Il blitz ha portato al sequestro di oltre 10.000 esemplari falsi, scoprendo una rete che coinvolgeva sette esercizi commerciali tra negozi fisici e canali online, per un danno economico stimato in oltre 500.000 euro.
Il fenomeno Labubu e la replica illegale: così venivano truffati i collezionisti
Dietro l’aspetto buffo e innocente dei Labubu, ideati da un artista di Hong Kong e distribuiti a livello globale dal marchio Pop Mart, si nasconde un mercato milionario. Questi peluche, venduti solitamente a partire da 35 euro, possono raggiungere valori vertiginosi per modelli rari, fino a 130.000 euro — cifra record raggiunta da un esemplare venduto all’asta a Pechino nel giugno 2024.

Il fascino delle blind box, confezioni misteriose che nascondono varianti limitate e pezzi unici, ha alimentato una corsa all’acquisto compulsivo, rendendo il brand terreno fertile per la contraffazione. Le indagini condotte dal Gruppo Pronto Impiego della Guardia di Finanza hanno permesso di individuare un sistema ben rodato: peluche acquistati tramite canali non ufficiali, spesso senza alcun documento fiscale, venivano poi venduti come autentici in negozi al dettaglio e su piattaforme e-commerce, sfruttando confezioni curate nei dettagli e imitazioni quasi indistinguibili dagli originali.
Le analisi dei finanzieri hanno rilevato irregolarità nei codici identificativi, etichette, materiali e imballaggi, segni inequivocabili della falsificazione. Tra i sequestri più eclatanti, 3.000 peluche contraffatti sono stati trovati in un punto vendita all’interno di un noto centro commerciale di Palermo, assieme a cartoni pieni di blind box e versioni speciali.
Il colpo di scena è arrivato quando, tra i prodotti confiscati, è emersa una copia di un Labubu rarissimo, simile a quello battuto all’asta per 130.000 euro. Se non fosse stato scoperto, avrebbe potuto truffare ignari collezionisti, ingannati dalla somiglianza e dal contesto apparentemente affidabile.
Sette titolari denunciati: inchiesta ancora aperta sui canali di distribuzione
Al termine dell’operazione, i sette commercianti coinvolti sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti con marchi contraffatti. Le indagini ora si concentrano sulla provenienza della merce, per individuare i fornitori all’ingrosso, con particolare attenzione a eventuali collegamenti con operatori esteri.
Secondo gli investigatori, l’organizzazione riusciva a mimetizzare i falsi mescolandoli a pochi esemplari autentici, rendendo ancora più difficile per il consumatore medio riconoscere l’inganno. Il danno, però, non riguarda solo il collezionista: le aziende titolari del marchio subiscono una lesione economica e d’immagine, mentre il mercato legale viene destabilizzato da una concorrenza sleale in continua espansione.
La Guardia di Finanza ha ricordato che l’acquisto di prodotti contraffatti, anche inconsapevole, alimenta un circuito pericoloso che va oltre il danno al singolo brand. L’invito, rivolto a consumatori e appassionati, è quello di verificare sempre l’autenticità attraverso canali ufficiali e di diffidare da prezzi troppo vantaggiosi, specialmente nel caso di oggetti da collezione come i Labubu.
L’operazione di Palermo dimostra che anche il mondo del giocattolo, apparentemente innocuo, può nascondere reti complesse di frode commerciale, con ramificazioni internazionali e impatti concreti su economia, legalità e fiducia dei consumatori.
