La sentenza di Bologna accende i riflettori sui limiti legali della convivenza tra vicini e animali domestici
Il Tribunale di Bologna ha disposto un provvedimento urgente e inibitorio per il trasferimento immediato di due cani ritenuti molesti all’interno di un condominio. L’ordinanza, emessa il 27 ottobre 2025, arriva dopo una lunga serie di segnalazioni da parte di un condomino esasperato da abbai notturni persistenti, odori insopportabili e un clima domestico diventato invivibile. La vicenda ha sollevato una questione sempre più frequente nei contesti urbani: quali sono i limiti legali alla presenza di animali in condominio quando questi diventano fonte di disturbo?
Il diritto di tenere animali domestici e i limiti della quiete condominiale
Secondo quanto previsto dall’art. 1138 del codice civile, modificato dalla legge 220/2012, il regolamento di condominio non può vietare la presenza di animali domestici nelle singole abitazioni. È un diritto riconosciuto dalla legge, che tutela la libertà dei singoli proprietari. Tuttavia, questo diritto non è assoluto. Deve necessariamente conciliarsi con il diritto degli altri condomini alla quiete, al riposo e alla salubrità degli ambienti.

La legge e la giurisprudenza richiedono che il proprietario dell’animale adotti tutte le precauzioni necessarie per evitare danni o disturbi a terzi. Se il comportamento dell’animale provoca rumori eccessivi o odori forti, e se questi superano la soglia di “normale tollerabilità” fissata dall’art. 844 c.c., il giudice può intervenire anche con provvedimenti d’urgenza, a tutela dei diritti fondamentali.
È il caso del procedimento avviato a Bologna. Un residente al piano terra aveva denunciato l’abbaiare continuo di cani di grossa taglia lasciati soli per ore, le esalazioni legate alle deiezioni e l’impossibilità di riposare o tenere le finestre aperte. Nonostante le segnalazioni all’amministratore, nulla era cambiato.
Durante il procedimento ex art. 700 c.p.c., il ricorrente ha presentato registrazioni audio, perizie fonometriche (rumore medio di 54,6 dB, con picchi fino a 68,5 dB), e certificati medici attestanti una sindrome ansioso-depressiva causata dall’insonnia. Il tribunale ha ritenuto fondate le lamentele, disponendo lo spostamento immediato degli animali, il risarcimento delle spese legali e una penale giornaliera di 15 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordinanza.
Quando i dati tecnici e medici diventano decisivi per la tutela giudiziaria
La decisione del Tribunale di Bologna si fonda su principi consolidati della Cassazione. Tra questi, la sentenza 4848/2013 stabilisce che il superamento di tre decibel rispetto al rumore ambientale è già sufficiente a dimostrare l’intollerabilità dell’immissione. Nel caso di Bologna, il differenziale acustico era di 18 decibel, ben oltre la soglia prevista. Questo dato, unito al quadro clinico documentato, ha reso necessario un intervento immediato per proteggere il diritto alla salute del ricorrente, tutelato dall’art. 32 della Costituzione.
Il giudice ha rilevato che il danno, pur non irreversibile, era difficile da eliminare, e ha optato per una misura atipica e urgente: la rimozione dell’animale dal contesto abitativo. Il riferimento giurisprudenziale ulteriore è alla sentenza 7856/2008, che stabilisce come la detenzione di animali non debba mai compromettere i diritti altrui, soprattutto nelle ore notturne.
La sentenza assume rilievo anche sotto un profilo preventivo: spinge i proprietari di animali a considerare le conseguenze delle proprie scelte in un contesto condominiale, dove la libertà personale trova un limite nella salvaguardia del benessere collettivo. I magistrati, in presenza di prove oggettive e documentazione medica, sono legittimati a intervenire senza attendere la definizione di un processo ordinario, agendo in via cautelare.
Il caso, pur circoscritto, può diventare un precedente operativo per tanti altri condomini che affrontano situazioni simili. Quando gli strumenti classici di mediazione falliscono e il disagio si trasforma in patologia, la via giudiziaria diventa una risorsa concreta, soprattutto se fondata su registrazioni, perizie tecniche e certificazioni mediche.
La sentenza del Tribunale di Bologna, quindi, si inserisce in un filone giurisprudenziale che rafforza l’equilibrio tra libertà individuale e responsabilità civile, ricordando che ogni diritto – anche quello di vivere con un animale – comporta obblighi precisi di rispetto e di attenzione verso gli altri.
